Ci vuole un po’ di umiltà, un briciolo di modestia, una certa intelligenza, un notevole spessore per fare di un underdog – che ha avuto il culo di salire sull’ascensore sociale – uno statista. Altrimenti resterà sempre un underdog, anche se vestirà Armani e frequenterà i potenti del mondo. E non ci vuole un fine analista per vedere che:
in campo internazionale la nostra sta fissa a novanta, e non va oltre un fantomatico piano Mattei (parente stretto del piano Marshall del trapassante ex-cavaliere)
all’interno è tutta intenta a mantenere il suo pingue culo incollato alla cadrega il più a lungo possibile; elargisce a piene mani smorfiette e sorrisi a dritta e a manca, mentre sforna risibili provvedimenti per compiacere solo il suo elettorato.
Mi pare ormai chiaro che di più non può dare. E allora, se non fossimo solo degli opulenti, obesi, egoisti qualunquisti, tutti concentrati sulle nostre agiate, miserabili, inutili vite, dovrebbe sorgerci spontanea una domanda: ma al paese chi ci pensa?
Qualche giorno fa mi è passata accanto la Morte. Non ho fatto in tempo a vederla in faccia. Da come correva, sembrava avesse un diavolo per capello. Le ho fischiato dietro. Si è fermata. Ne ho approfittato per scambiare quattro chiacchiere. Chiederle il motivo di tanta furia. Sono stati attimi che definire rivelatori sarebbe troppo. Diciamo, più semplicemente, umani.
Nulla di surreale e ineluttabile come la sfida a scacchi del generoso e temerario cavaliere medievale Antonius Block. E, in ogni caso, gli stati d’animo erano invertiti: io ero piuttosto tranquillo: non avevo né paura, né angoscia, né rimpianti; lei, invece, sembrava contrariata. Ma che dico: incazzata come una biscia! Tutto l’opposto dell’iconografia classica, che la vuole immancabilmente tonica, impaziente e avida. Spesso sinistramente silenziosa. Talvolta sadicamente beffarda. Sempre ostinatamente e meccanicamente al lavoro come una mietitrebbia. Soddisfatta e orgogliosa del suo compito sociale, della sua funzione calmieratrice. Refrattaria a scrupoli e rimorsi.
– Mi scusi, è forse incazzata con me?… per questo viaggio a vuoto? –
– Macché… questi sono gli incerti del mestiere… falsi allarmi… cose che capitano ai comuni mortali. Tutto preventivato. Meglio per lei. –
– Scusi se insisto… non se ne abbia a male… ma allora perché tanta cupa agitazione?
– Non so se posso aprirmi… non la conosco abbastanza bene. Anche se dalla sua scheda sembra una persona degna di fiducia. –
– Beh… non le posso promettere che non ne farò cenno con anima viva… le posso solo dire che terrò la cosa fra una ristretta cerchia di amici.
– Fanculo le regole… ma sì… farò uno strappo… almeno mi tolgo il rospo. Vede, il fatto è che mi sono rotta del mio compito. Di essere una semplice esecutrice. Una sorta di ufficiale giudiziario. Che esegue un mandato e basta. Un incarico, il mio, dove l’aspetto giustizia è assai opinabile. Spesso trascurato o assente. Se non ribaltato. E, inoltre, le sembrerà strano, opero da secoli senza conoscere il mandante. Non c’è un tribunale dietro di me… magari! Solo l’ignoto! Un buco nero, insomma. È come ricevere ordini per posta. –
– Non sono sicuro di capire… sa… la testa mi gira ancora… e il polso è debole…-
– A lei gira la testa… a me le balle… mi scusi la scurrilità. –
– Si figuri… quando ci vuole…-
– Sono costretta ad eseguire gli ordini di dipartita da una forza occulta… spesso ingiusta o quantomeno incomprensibile. Definire la situazione kafkiana è dir poco! –
– Mi scusi l’ardire… non è certo una novellina, né una precaria… sta eseguendo il mandato da più vite. A quanto si dice anche con una certa soddisfazione… quasi con gusto… a giudicare dall’esterno. Dall’alacrità con cui muove la sua falce. L’avrei detta una professionista realizzata. Non si era mai fatta domande prima d’ora? È bizzarro che tutto d’un tratto…-
– Capita, mister… ci sono gocce che fanno traboccare i vasi. Mai sentito dire? Dopo secoli… d’un colpo… tutto tracima…-
– Mi scusi tanto… solo che mi sembra strano. Nel suo caso più che di goccia deve essersi trattato di tsunami. –
– Vede, dato che morire si deve, non mi disturba tanto essere io l’annunciatrice dell’evento. La traghettatrice del corpo. Mi turba e rode l’assenza di una logica nella selezione delle anime. Al limite, andrebbe bene anche procedere random… un bel n’do coijo coijo. O, che so… un Bingo – ho detto Bingo non Bunga – alla rovescia… invece, anche se non ho in mano dati certi… odio numeri, statistiche e sondaggi… ho spesso la sensazione che ad essere chiamate prima del tempo siano in prevalenza persone decenti. O bambini innocenti. Più gli individui sono indecenti, più sembrano sfuggirmi. Mi è perfino venuto il dubbio che riescano a corrompere qualcuno… molto più in alto di me. Nella segreta stanza dei bottoni di certo fanno preferenze… come minimo hanno delle simpatie. Ma di che mi lamento… in fin dei conti io non sono che una protesi. Una nullità. Bassa manovalanza. Dovrei starmene al mio posto:… usa obbedir tacendo e tacendo far morir…-
– Sì, e… nei secoli fedele, amen! Su, non faccia la vittima. Non si butti troppo giù… a giudicare dalla paura che suscita non direi… chi fa paura ha comunque potere, se lo ricordi! E poi magari non c’è nessun disegno perverso dietro tutto questo. Nessuna cupola che complotta. Nessun corruttore. Nessun corrotto. Forse è solo che i malvagi, i potenti, in genere, hanno più denaro e possono curarsi meglio… permettersi i medici migliori… gli ultimi ritrovati della scienza… guardi quel tale, quel Cavaliere Digitale: non è che sia immune da malattie… la prostata, per esempio… grazie ad un sedicente medico e alle sue mille pozioni magiche, è sempre in pista. Salta da un letto all’altro. Scopa come un riccio… dice. Con l’impeto dei suoi amplessi sderena le femmine… sostiene. Insomma gode, si sbatte e sbatte come una scimmia. Ride anche come una scimmia. Corre su e giù. Vola di qua e di là. Lavora trentaquattro ore al giorno. Ha trentasei denti… due palle king-size che fanno per otto… un vero maggiorato fisico… un fenomeno da baraccone… un caso da mostrare nelle aule di medicina… melbrooksiano Frankenstin nostrano… creatura inossidabile, insensibile perfino alla Kryptonite…-
– L’ha detto! Proprio lui! È lui il mio chiodo fisso! La mia ossessione. Uno dei misteri del nuovo secolo. Sì, proprio lui… l’omarino ridens. Il suo caso riassume e sintetizza il perché del mio cruccio. È Lui la causa scatenante… ha distrutto le mie certezze… altro che “livella” di Totò… bubbole le riflessioni liriche di Manrique… discutibili le tesi di Villon… “tutti uguali di fronte alla morte… davanti a me!!!” ricchi e poveri… santi e infami… galantuomini e merdacce… ma vogliamo scherzare? ci prendiamo per le natiche?… Insomma, per colpa di sto tronfio “insaccato” di misfatti e tracotanza -i cavalieri, quelli veri, erano altra cosa- ho perso i fondamentali… l’aplomb… il mio sangue freddo… la notte non chiudo occhio… mi sento fuori dal tempo… una inguaribile analogica demodé! E soprattutto mi sono scoperta umana, vulnerabile… è… imbarazzante, tremendo! Provo odio… piango di rabbia come una vite tagliata… mi par di distinguere il giusto dall’ingiusto… cosa mi è mai capitato? –
– Quanto ai sentimenti, non si preoccupi… niente di grave, ci si fa l’abitudine. L’odio poi… pensi, se può consolarla, a cosa diceva Quintiliano… Per il cruccio, invece, la cosa mi sembra più grave… visti gli effetti… lo chiamerei piuttosto fissa… monomania… disturbo ossessivo compulsivo. Non vorrei drammatizzare… ma temo lei sia sull’orlo di una crisi di nervi… forse ha già scollinato… mai pensato di andare in analisi?… solo qualche seduta… così, per ritrovare un minimo di equilibrio. Le posso consigliare qualche strizzacervelli… Se cede di schianto sono cazzi! Peggio dell’ingiustizia che lamenta. Bene o male, finché lei è in servizio, qualche “flagello di Dio” sparisce dalla faccia della terra. –
– Mi sta dicendo che… un giorno o l’altro…?… sul serio? Posso nutrire qualche speranza? Potrò dirgli finalmente sul muso, con disprezzo misto a commiserazione, sguainando la mia falce, quella frase che mi piace tanto: Ti vedo e ti piango! … sul serio?-
– Beh, non esageriamo… come corre… magari nell’Aldilà lo vedono come il fumo negli occhi… rifiutano di tirarsi in casa un tipo del genere… non vogliono correre il rischio di… macchiare il buon nome della “maison”… O forse, più semplicemente… dato che quello è l’unto del Signore… la speranza di una nazione… lei dovrebbe aver imparato ormai che un unto così… è sporco difficile… ostinato. Non vuol saperne di andare via. Nemmeno a 90°. Quanto alla speranza, come ben sa, è l’ultima a morire.
ognuno di noi potrebbe raggruppare le persone in psicotipi.
Ne scoprirebbe delle belle.
Alcuni giorni fa, in Francia, mi è capitato di imbattermi, per puro caso, in un documento che fa luce sulla controversa personalità di un noto personaggio politico del secolo scorso. Testimonianza storica che non manca di quei toni di sfrontata leggerezza che caratterizza il gossip migliore. Dopo averlo nottetempo tradotto, mi sembra giusto condividerne una sintesi con gli amanti di questo genere.
Durante il periodo parigino, pare che Bokassa abbia frequentato l’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales ed abbia seguito dei corsi di Psicologia della Personalità. Per mantenersi agli studi, due sere la settimana, si esibiva – nell’intervallo fra il primo e il secondo tempo – alle Folies Bergère. In testa una luccicante feluca. Al piano il fedele Jongle de Drapeaux. “Les feuilles mortes” il suo cavallo di battaglia.
Tornato in patria tentò il successo vendendo asciugacapelli porta a porta. Bussando instancabilmente ad ogni tucul, mise insieme un bel gruzzoletto, che gli permise di costruire, dopo qualche anno, due villaggi alle porte di Bobangi: Boba 1 e Boba 2. E, successivamente, una ventina di cinema drive-in, sparsi qua e là in tutto il paese.Cosa mai avrebbe potuto desiderare di più un uomo venuto dal nulla.
Ma il suo ego era più sconfinato del Lago Vittoria, più alto del Kilimangiaro, più assetato del Sahara. E allora, ripresa la carriera militare, decise di dare la scalata al potere. Eliminati con metodi disinvolti (e con l’appoggio della massoneria africana) i suoi avversari, divenne prima presidente, poi re, ed infine – come molti sapranno- imperatore della Repubblica Centro Africana.
Basso di statura ( fupi mtu in lingua Swahili), pare mettesse dentro gli stivali alzatacco (refu kabari) in solido teak, per rimanere fermo sul trono aquilato, e non sgambettare a mezz’aria durante le cerimonie ufficiali. Nei rari momenti di relax, dicono amasse comporre canzoni traboccanti di spleen, insieme all’amico Abeillecachot. Grande era la sua munificenza: Rolex e monili tempestati di diamanti elargiti a piene mani alle 300 concubine, agli amici, ai capi di stato e consorti, alle centinaia di mascherine ( lesallumettes: ragazze, uscite dalla SorBòna, che attizzavano la pila nei drive-in). Meno noti i collier dalla forma un po’ sinistra, che spediva agli avversari poco prima che sparissero dalla circolazione.
Acceso fan di Napoleone non riuscì però a ripeterne il successo, nonostante i numerosi e goffi tentativi. Più per i suoi eccessi goliardici, che per mancanza di capacità, sostiene oggi un revisionismo storico che non fa sconti. Aveva mostrato fin da bambino una predisposizione particolare, una vera e propria passione, per scherzi, barzellette e varie amenità. Figuratevi che per Halloween, complice una certa propensione alla megalomania, aveva sostituito la frase di rito con : “scherzetto o barzelletta?!!”. Dopo aver suonato alla porta e pronunciata la minaccia, prima ancora di dare inizio alla performance, scoppiava a ridere fino alle lacrime, tutto compiaciuto per la sua creatività, la sua vis comica raffinata. Lo scherzo era per lui, non solo divertissement, ma anche e soprattutto fonte di vita, booster per la mente, viagra naturale per il corpo.
Nel corso degli anni, il talento crebbe a tal punto da assumere una vera dimensione artistica. Come non ricordare quando mise il lassativo nelle borracce dei partecipanti al safari dell’anno. Pare che l’attaché inglese a Bobangi e sua moglie siano spariti ai primi crampi. Abbondanti ed esaurienti tracce furono rinvenute più tardi: una sotto un baobab, l’altra dietro un cespuglio di utricularia micropetala. Il leone non fu mai catturato. Rischiò invece un vero e proprio incidente diplomatico durante un gran galà a palazzo. In un momento di stanca, in cui i riflettori non erano puntati su di lui, per recuperare la scena, infilò, con nonchalance, un dito nel sedere dell’impettito ambasciatore francese. Così, tanto per rianimare la festa, ebbe a dire poi, elargendo a tutti, graziosamente, il suo caratteristico sorriso ad amaca. Alcuni giorni dopo fu costretto a scusarsi formalmente con l’amico Giscard d’Estaing. Aggiungendo però – a denti stretti – che era stato frainteso.
Anche se il suo impero fu nominalmente una monarchia costituzionale, di fatto, il controllo di tutti i mezzi d’informazione e la scarsa considerazione in cui tenne gli oppositori, portarono un temerario politologo a coniare il termine di “dittatura larvata”. Rapido fu il suo declino. Deposto e costretto all’esilio cercò di ritornare lanciandosi col paracadute sul suolo patrio. Non perse mai il suo sense of humour. Prova ne sia il fatto che, poco prima di decollare, tolse il paracadute dal contenitore, all’insaputa del suo attendente: Prévis. Il poveretto precipitò – con la mano tesa nel saluto militare – per quasi tremila metri prima di colpire il suolo. Catturato, processato, condannato a morte – pena in seguito tramutata nel carcere a vita – Bokassa beneficiò successivamente di un’ amnistia e fu liberato.
Avrebbe voluto morire il 5 maggio. La Nera Signora, noncurante della grandezza dell’uomo, lo raggiunse senza preavviso il 3 novembre del 1996 prima che – beffa delle beffe – il mausoleo che stava edificando nel parco della sua villa a Bangui fosse terminato.
Ogni riferimento a persone ancora viventi è voluto.
Ripubblico questa wikibiografia non autorizzata del cav. (scritta nel 2012), perché non vorrei che, vista la recente riabilitazione, qualcuno fosse indotto a pensare che si tratti di persona degna di fiducia.
Nasce a Milano, il 25 settembre del 1936. Voci non ancora confermate, sommate a numerosi indizi assai circostanziati, darebbero sempre più consistenza ad una storia così strabiliante da far impallidire anche la penna di Alessandro Dumas. Tenetevi forte: quella buonanima di mamma Rosa, per gli amici Rosella, avrebbe scodellato non uno, bensì due Silvio. Due pargoletti identici. Due gemelli. Pare infatti che alcune ore dopo che il primo esordisce con una lunga teoria di “mi consenta”, fa avance da camionista a tre infermiere, cazzia due chirurghi, racconta l’ultima sui carabinieri a mezzo ospedale, ammolla una goliardica pinghella sulle palle all’anestesista (tanto per tenerlo sveglio); il secondo – al grido di “ta… taaaaa… ecco a voi il sequel!” – sia schizzato fuori, tutto intrippato, e con tipica chiusa alla Fred Astaire, abbia lasciato la audience interdetta. Naturalmente, se la cosa venisse confermata, il Fenomeno di Arcore ne uscirebbe assai ridimensionato. Una sorta di Cavaliere dimezzato, insomma. Non certo più quell’unicum da annoverare fra le più aberranti patologie della psiche umana, ma semmai, con buona pace di tutto il Paese, un bino che si fa uno, come vedremo, all’insaputa della gente. Caso eclatante ma piuttosto banale, da ascrivere tutt’al più alla tradizione mitologico-letteraria del doppio.
Alla luce di questa rivelazione, pare che i due frugoletti che Rosella avrebbe deciso di chiamare Silvio per non fare torto a nessuno, all’aspetto siano assolutamente identici. Due gocce d’acqua. Solo il carattere, fin dai primi passi, rivela, nel più giovane, un’anomalia: ogni tratto in lui viene esasperato. Ciò lo rende soggetto per niente facile: debordante, eccessivo, sempre fuori misura. Personalità basica che non mostra né profondità né spessore, ma indubbiamente possiede tinte così forti da non passare inosservato. Tutto spontaneismo senza discernimento alcuno. E zero freni inibitori. Tanto che la parola anticipa ogni pensiero e le sue uscite diventano via via più imbarazzanti. Talvolta perfino moleste per il prossimo e dannose per il gemello, essendo assai facile confonderlo. Anche perché pare che nessuno, tranne i pochi cui viene cucita la bocca, sia al corrente della sua esitenza. Più il tempo passa, più la cosa crea problemi, che a poco a poco vengono paraculescamente trasformati – come da manuale del perfetto pubblicitario – in altrettante opportunità dal primogenito, sul quale si appuntano ormai le speranze dell’intera famiglia.
Sedotti da questa ipotesi gemellare, d’ora in poi indicheremo i due soggetti come Silvio 1 e Silvio 2. Anche perché, in ogni caso, variando il numero dei protagonisti il risultato non cambia. Lasceremo alla vostra perspicacia stabilire, di volta in volta, a chi attribuire le fantasmagoriche gesta. Diremo solo che Silvio 1 è l’egocentrica mente, l’istintivo stratega, il boccaccesco regista, il vanesio mattatore, l’arrogante filibustiere, il galante tombeur da pochade, il disinvolto imprenditore un po’ bauscia, un po’ villan rifatto. Silvio 2 è l’eterno zuzzurellone, il perenne infantilito, disturbato quanto basta, tanto bugiardo da ingannare anche se stesso, guitto e saltimbanco, un po’ Zelig un po’ Amici Miei, sommamente irresponsabile, totalmente inaffidabile, e soprattutto, all’occorrenza, tanto, tanto smemorato. Almeno quanto quello di Collegno.
Silvio 1 frequenta le scuole dai salesiani; mentre Silvio 2, per non fargli ombra, è tenuto segregato in casa (esce una volta al dì con mascherina alla Joker) e affidato fino alla maggiore età alle cure di un tutore. Il famoso zio prete. Il primo, saltato a piè pari il servizio di leva, si laurea alla Cattolica in Giurisprudenza, con una tesi che fa ampiamente presagire il suo luminoso futuro : “Il contratto di pubblicità per inserzione” (cazzolina, che tesi! n. d. r.). Il secondo viene spedito oltr’Alpe e sotto le mentite spoglie di Rocco Mifreghi, fra una performance e l’altra, frequenta un corso di Ron Hubbard, che qualche giorno dopo avrà un esaurimento nervoso dal quale non si riprederà più; e uno di persuasione occulta, tenuto da Vance Packard, che da lì in poi vedrà vacillare ogni suo convincimento. Dopo una vita spericolata correndo da un eccesso all’altro – il cavallo (delle brache) sempre più imbizzarrito e nitrente – allo scoccare dei sessanta sente nostalgia di casa. Le sue rentrée in Italia si fanno via via più frequenti. Vere e proprie improvvisate. Il rischio che tutto venga scoperto aumenta. Anche perché, sempre più spesso, il nostro si diverte a prendere il posto del fratello a sua insaputa, mettendo in risalto il lato più “ganassa” della sua esuberante natura. Sarabandaaa!
Silvio 1, ormai sul punto di scendere in campo per salvare in un sol botto azienda e chiappe, non potendo sopprimerlo per quanto tentato, improvvisamente ha un colpo di genio: decide di servirsene come sosia, stuntman, meglio ancora “gaffeman”, ogni volta che bisogna distrarre l’opinione pubblica. Introdurre un diversivo che faccia rapidamente breccia nella mente di un popolo bue. Nasce così, da questo improvvisato sodalizio, un personaggio di fantasia – per molti supereroe di riferimento, per altri vero e proprio flagello di Dio – che tiene in scacco per oltre un ventennio un paese in massima parte di boccaloni. Attenti a noi due!
Fin dagli esordi, Silvio 1, che prefigura e pregusta già l’impero che verrà, comincia a mettere in cantiere una frotta di eredi a cui passare il testimone. E così fa due figli con la prima moglie: Marina e Pier Silvio e tre, Barbara, Eleonora e Luigi, con la seconda, l’attrice Miriam Bartolini, in arte Veronica Lario, che sposa – come si conviene a ogni uomo timorato di Dio, e con ben sette zie suore appese all’albero genealogico – dopo una lunga relazione extraconiugale. Ah, il gioco delle coppie!
Le prime esperienze lavorative sono all’insegna della precarietà. Prima come cantante e intrattenitore su nostrane “Love Boats”, poi come piazzista di scope elettriche. Superata la fase della cavallina ma prima ancora di diventar cavaliere, inizia l’attività di agente immobiliare. Nel 1961, un bel mattino gli scappa una pensata: e se ci dessimo all’edilizia?!!! Detto fatto! Un colpo alla ruota della fortuna e via! Esce di casa e si fionda ad acquistare un bel terreno in zona Bande Nere, grazie alla fideiussione del banchiere Carlo Rasini, titolare della banca omonima (pare insignita di ben 3 lupare e 2 coppole dalla “Guida Riciclo Denaro”), nella quale lavora il padre. Nel giro di pochi anni nascono Milano Due e Milano Tre. Città-fortino ai margini della metropoli lombarda. Sei grande, fratello! Da dove arrivino tutti quei soldi, nessuno sembra occuparsene. Mistero!
Testa in continuo fermento, vero e proprio vulcano sempre attivo, un bel giorno, il fiuto gli dice di allargare il raggio d’affari al settore della comunicazione. E qui ha la genialata che lo farà passare alla Storia: mettere in piedi il più grosso network di televisioni private locali d’Italia. In modo che, in assenza di ripetitori che coprono il territorio nazionale, questa rete possa supplire per mettere in onda – in contemporanea in tutto il paese – la pubblicità. A confronto l’idea meravigliosa di Cesare Ragazzi è una solenne pirlata. Chapeau! E richapeau! Con ampia scappellata finale e riverenza a ritroso. Scherzi a parte!
Così nel ’78 rileva Telemilano (anche se avrebbe tanto preferito Telelecco, per il suo prosperoso palinsesto), una televisione via cavo che ribattezza Canale 5 e trasforma in rete televisiva nazionale. Sempre nel 1978 fonda Fininvest, holding che coordina tutte le varie attività. Nel 1982 acquista Italia 1 da Rusconi e due anni dopo Retequattro dal gruppo editoriale Arnoldo Mondadori. Bim bum bam: il pranzo è servito!
Nello stesso anno i pretori di Torino, Pescara e Roma oscurano le reti Fininvest per violazione della legge che proibisce alle reti private di trasmettere su scala nazionale. Scherzo da prete! Lui se ne strabatte, tanto in questi anni ha pasturato così bene il partito socialista che l’azione giudiziaria viene stoppata in men che non si dica dall’amico Bettino, che con decreto legge “ad aziendam” legalizza la situazione. Il gruppo riesce perciò, seppur con strumenti non legali per la legislazione di quegli anni, a spezzare il monopolio televisivo RAI. Nel 1990 la Legge Mammì stabilizza la situazione, rendendo definitivamente legale la diffusione a livello nazionale di programmi radiotelevisivi privati. Anche se Mediaset continua ad operare con concessioni transitorie. È una vera corrida!
Negli anni a seguire il gruppo si diffonde in Europa: in Francia fonda La Cinq (chiusa nel’92); in Germania Tele Funth, in Spagna Telecinco. Durante il corso degli anni ottanta, le folgorazioni si susseguono a ritmo frenetico, la sua testa è una cornucopia che vomita idee a getto continuo: chiama le vecchie glorie della TV nazionale – ormai sull’autostrada del tramonto – gli fa due iniezioni di gerovital, tre elettroshock, un restauro qua e là: trapianto di peli, lifting, una sbiancata alla dentiera, un po’ di botulino, una passata di cerone, una bella sniffata e via… i nostrani “cocoon” scendono in pista. Tuttinfamigliaaa!
Innova i palinsesti, inaugurando i TG durante il corso della giornata. Inventa format. Talk shaw. Quiz. E inonda le già fragili menti con una marea di soap opera, sequel, serial, e minchiate di tutte le razze. Così rafforza gli ascolti, il suo patrimonio, e mina sul nascere intere generazioni, titillando e valorizzando il peggio di un popolo. Inaugura piazze virtuali da dottor Dulcamara con irresistibili televendite. E ci sommerge di telepromozioni a go go. Non è certo la RAI! Non contento, dà la possibilità ai piccoli imprenditori, grossier di modi e di cervello, che fino ad allora erano costretti a sbavare davanti agli spot, non potendoseli permettere, di accedere al meraviglioso mondo dell’advertising, attraverso i famosi “contratti a rischio”: ti concedo spazio gratis fino a che non raggiungi il target di vendita. Da lì in poi mi paghi. Oppure il mitico “cambio merce”: io dare a te spot, tu dare a me cammello. L’animale viene poi riciclato, come i regali di Natale, e venduto attraverso i gruppi della grande distribuzione acquistati nel frattempo: Standa, Euromercato e Supermercati Brianzoli. Come effetto collaterale accumula riconoscenza e gratitudine a carrettate, che semina con amorosa e lungimirante cura. Presto germoglieranno e diventeranno, a tempo debito, credito da riscuotere. Consenso. Voti. Centinaia. Migliaia. Milioni di voti. Beautiful! Ma soprattutto: milagros!!!
Nel 1998 scorpora e vende il gruppo Standa. Dichiarerà poi di esser stato costretto a questo sacrificio dopo la sua discesa in politica, giurando sulla testa dei cinque figli che nei comuni gestiti da giunte comuniste non gli concedevano le necessarie autorizzazioni per aprire nuovi punti vendita. Verissimo! Bubbole! rispondono in coro i detrattori. Il tutto nasconde il tentativo di generare un po’ di cash per dare fiato a un gruppo che sta attraversando un periodo di vacche magre (senza allusione alcuna). In campo editoriale diventa il principale editore italiano nel settore libri e periodici; nel gennaio del ’90 acquisisce la maggioranza azionaria della Arnoldo Mondadori, fottendo De Benedetti (Lodo Mondadori) con una spregiudicata macchinazione da furbetto del quartiere. Del pacchetto fanno parte anche la Giulio Einaudi Editore, più una serie di prestigiose case minori. Nel 2011 la magistratura ribalta tutto e condanna Fininvest a risarcire 560 milioni di euro al tenace Carlo. Risatissima!
Nel campo della distribuzione audiovisiva, diventa socio di Blockbuster Italia, oggi defunta a livello mondiale. Controlla inoltre la Medusa Film e Endemol, una società per lo studio e la vendita di format televisivi. Fa, primo in Europa, una rapida sortita nella payTv con Telepiù agli inizi dei ’90 (ceduta a Sky nel 2002), fino a inaugurare, con l’avvento del digitale terrestre, Mediaset Premium. Il Gruppo Fininvest, con le partecipazioni nelle società Mediolanum di Ennio Doris – uomo dal fulvo toupé, soprannominato il Giotto della Brianza – e Programma Italia, ha una forte presenza anche nel settore delle assicurazioni e della vendita di prodotti finanziari. Chi vuol esser miliardario, si faccia avanti!Grande tifoso di calcio, acquista il Milan. Anche perché, se una banca significa sicurezza, una squadra di calcio vuol dire pubblicità. E poi, all’occorrenza, ti procaccia un sacco di voti. Anche se acquisti un fessacchiotto come Balotelli, tutto gambe e cervello in perenne offside. Sotto la sua gestione i diavoli rossoneri vincono di tutto e di più. Tre volte chapeau!, con doppia capriola retrograda, gesto del ciucciotto, e òla da vomito!
Tralasciamo, per raggiunti limiti di sfrangimento, i conti chiusi e in sospeso con la giustizia. Tanto tutto il mondo sa che la magistratura, essendo comunista per definizione, è costantemente rosa da invidia galoppante. Ce l’ha su con lui a prescindere. Lui, così buono che non farebbe male a una mosca, e tanto generoso da aiutare tutti: ragazzi, militari, e donne (se poi gliela danno le ricopre d’oro dalla testa al girovita.). Quando però si tratta di affari non guarda in faccia nessuno: pensate a villa San Martino in quel di Arcore comprata per una miseria, grazie ai raggiri ai danni di un’orfana minorenne sotto la tutela legale di quell’Esse-Esse di Cesare Previti. Chi avesse almeno un lustro da buttar via per approfondire procedimenti, sospensioni, condanne, prescrizioni, annullamenti e chi più ne ha… può trovare ampia documentazione in rete. Scoprirebbe così che l’uomo ha il forum più grande del mondo.
2013, 2011, 2008, 2001, 1996, 1994… Quando c’era lui i treni arrivavano in orario…; Lei viene? Quante volte viene?; Angelino sì, Angelino no; mi candido, non mi candido, sì, forse, forse che sì’, forse che no; e i sondaggi?; la nipote di Mubarak; il cugino di Gheddafi: lo zio di mia nonna; il cazzo che ti si frega; abbasso l’ICI; a morte l’IMU; viva la FIGA; Milan uber alles!; cala la mutanda (Francesca), sale l’Auditel…; Brunetta si sposa; la culona inchiavabile; il falso in bilancio; tutta colpa dei media; Ponte sullo Stretto; Casa delle Libertà; casa di Montecarlo, i senzatetto dell’Aquila; i fratelli Marx che sagome, peccato quel cognome; i comunisti, capaci di tutto!; la Mafia non esiste, e semmai l’ha fatta fuori il Duce!; Mangano, macché stalliere, quello è un eroe; grandi opere, ignobili bugie, stellari promesse; Bunga Bunga; la Minetti è una personcina a modo: brava, laureata, e poi trilinguata…; ma anche la Barbara, quanto a lingua…; i club “Silvio ci manchi”; quinte colonne di qua, quinte colonne di là; Oobeemaaaa!; Cucùuuu, setteteee!; Romolo e Remolo; è una vile menzogna! non l’ho mai detto!; All Iberian…; Alitalia, ghé pensi mì!; satellite sì, satellite no; non avrete il mio scalpo… ovvio!; Emilio come Gagarin?; la Legge Gasparri; Carfagna, Gelmini, Prestigiacomo, Brambilla… che simpatica la Santanché; i fratelli Cervi, li conosco, un giorno di questi voglio stringere la mano al padre; turisti della politica!; la proporrò come Kapò; smentisco fermamente!; l’Editto Bulgaro; Back in exUSSR; l’amico Bossi; l’amico Putin, l’amico Bush; Amici, la De Filippi e come ti fotto una generazione; Ferrara, Feltri, Sallusti, Bel Pietro: attaccanti. Centrocampo: Minzolini e Socci. Porro, Amicone, Signorini, Fede: difesa. Vespa in porta. Rossella in panchina. Farina: squalificato; la Bicamerale; il Contratto con gli italioti; l’insipienza delle opposizioni; il Porto delle Nebbie; Forza Italia; il predellino; via d’Amelio; la strage di Capaci; via dei Georgofili; la P2…
Tragicomico rewind che divarica e sparge sale a piene mani su ferite ancora aperte. Il percorso politico e civile del nostro dovrebbe essere ormai noto a tutti, se non altro per grandi linee e per gli effetti devastanti che ha avuto e continua ad avere, non tanto sullo spread, ma sulla nostra già malferma psiche. Però, se proprio non ve ne siete accorti: o avete il vostro tornaconto, o vivete come Alice… Nel primo caso, auguri! Nel secondo, disciules! Dopo una serie infinita di tiraemolla, e aver affondato le primarie della sua invincibile armata, non più di due settimane addietro annuncia di non volersi più ricandidare alla Presidenza del Consiglio. Poche giorni fa dava per certo che il PDL avrebbe vinto le elezioni. Pare, invece, che le abbia perse il PD. Il fido Angelino (può un adulto normodotato farsi chiamare come un cartone animato?) non diventerà più Premier (ahinoi!), e Lui dovrà rinunciare al Ministero dell’Economia (accidempoli, che sfiga!). Resta un posto da papa. Nel caso non dovesse bastare, potrebbe sempre indire un referendum popolare e farsi acclamare Re d’Italia & Colonie. Penali comprese. Dieci chapeau!, un pernacchio stereo, mani a stringere sul monte fumaiolo e le tombe etrusche, e triplo gesto dell’ombrello!
SILVIO E LA WELTANSHAUUNG ETEREA.
La filosofia dell’uomo, la sua visione del mondo, si può riassumere in tredici punti. E non ha certo bisogno della spiega di Emanuele Severino o l’analisi di Umberto Eco.
* Per convincere la gente la televisione non è tutto ma è indispensabile. Possiedi l’etere, e sarai a tre quarti dell’opera.
* Il pubblico è come un bambino di dieci anni. Pure un po’ ritardato.
* Più la bugia è grande più la gente ti crederà.
* Non importa se dentro sei una ciofeca. Ciò che conta è quel che mostri. Si ti mancano i capelli: trapianto! Se son grigi: tintura! Altrimenti, impiccati, chl’è mej!
* Spara pure cazzate. È la prima parola quella che si fissa nella mente. Qualsiasi smentita non riuscirà mai a cancellarla. Passaparola!
* Ogni donna ha il suo prezzo. E nessuna resiste al fascino del potere.
* Nessuno è insensibile al denaro, se il prezzo è giusto ti vendono anche la madre.
* I comunisti sono malvagi e godono nel vedere i ricchi piangere.
* Le imposte sono un furto legalizzato, evadere è legittima difesa.
* Circòndati di mezze seghe, leccaculo e mignotte, pagali bene, e vivrai tranquillo.
* Possedere una banca e una squadra di calcio non è tutto ma aiuta. Il sottoscritto.
* I magistrati sono la feccia della società, tranne quelli sensibili alle donazioni.
* Se vuoi salvare le chiappe scendi in politica. (Famoso il suo invito – da Steve Jobs del Giambellino – alle nuove generazioni: “Osate, siate spregiudicati! E anche un po’ pregiudicati!”)
Mentalità postbellica, il cavalier Silvio, è un commendator Borghi ripulito, con in più uno straccio di laurea che non sempre onora. E non basterebbero tutte le onorificenze del mondo a far dimenticare che è un individuo poco raccomandabile e socialmente pericoloso. Uno che, persa la partita, non si spara un colpo in testa nel suo mausoleo-bunker, mentre irride il nemico con gesto di suprema sfida e disprezzo (l’idea non lo sfiora minimamente), ma continua imperterrito a lanciare sassi e nascondere la mano. Dice e smentisce; passa da guitto a statista, da vittima ad accusatore con la rapidità di Fregoli; si improvvisa cieco di Sorrento e si barrica nel suo feudo per sottrarsi ai processi; si spaccia per salvatore della patria, mentre fa terra bruciata, distrugge ponti, e avvelena i pozzi. E soprattutto gli animi. Perché, nonostante la sua insolente spregiudicatezza, sfrontata determinazione, e sicumera da bar sport, l’aspirante caudillo – sotto sotto – è un po’ vigliacco. Se non avesse l’arroganza dei soldi sarebbe solo un patetico Mr. Witwould qualsiasi.
Venendo alle condizioni in cui si trova il paese dopo il suo ventennio, però, non si può non ammettere che una buona parte di responsabilità sia anche nostra. Che, in fondo in fondo, ognuno di noi abbia la sua dose di colpa, e almeno un gemello “dentro” che non vorrebbe o non dovrebbe ascoltare e ospitare. Per il momento limitiamoci a immaginare cosa riserverà il futuro al nostro eroe. Nessuno può dirlo con sicurezza. Certo che di stronzate ne abbiamo ascoltate e sopportate tante. Troppe. Da ultime: la restituzione dell’IMU e i quattromilioni di posti di lavoro. Manca solo che trasformi la crisi in percezione, rigiuri che sconfiggerà il cancro, ci riveli – con la sinistra ironia della iena maculata – che Lui e il Creatore sono culo e camicia, fors’anche sinonimi… cos’altro ci toccherà mai sentire ancora? Ma soprattutto, cosa abbiamo fatto di tanto tremendo da meritare un simile castigo? E, nel caso, fino a quando dovremo espiare?
Se mai qualcuno dovesse risentirsi per i giudizi sull’Unto, potrei cavarmela con l’aforisma di Balzac: “Dietro ogni grande ricchezza…” Ma preferisco rimandare direttamente al poeta corsaro: “Io so…”
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.