Non so se la prossima volta l’Ambasciata USA mi concederà il visto permanente, timbro che avevo avuto, senza chiederlo, prima del crollo delle Torri, quando è stato (giustamente) tolto a tutti. Tranne agli 007, ovviamente. Non credo che l’algoritmo sia così intelligente da saper distinguere chi costituisce un vero pericolo da chi critica l’America non per odio, ma solo perché si considera un amante tradito. Come ho scritto anni fa, chi più chi meno, siamo tutti usciti ( compresi coloro che guardavano 2 volte di seguito la Corazzata Potemkin a 10 anni come me ) dal Cinema americano. Nel bene e nel male. E io non ho nessuna intenzione di disconoscere questo imprinting. Del resto, come potrei? Siamo come i gatti: se appena nati li tieni in braccio, vicino al cuore, ti riconosceranno per tutta la vita. Cionontoglie che esiste chi nella vita fa i soldi e chi fa strada. E io, anche per merito del Cinema Americano, ho scelto di battere la strada. Quasi tutta in piano, ma non certo priva di ostacoli. D’altronde, niente è gratis. Niente è senza fatica. Niente è per sempre. Tranne l’imprinting e la morte. Dimenticavo il diamante. Ma questa è un’altra storia.
Tutta questa lunga premessa, che c’entra sì e no, per dire che, oggi, il sistema, grazie alla rete ( ma anche no, pensate al cellulare), riesce a sapere quanti peli hai nel naso, e se te li tagli o meno. Diciamo che la rete costituisce un “fine tuning”. Può restituire il tuo identikit perfetto, nei minimi particolari. Oltre i peli. Entra nel labirinto del cervello, riuscendo a decifrarlo in breve tempo, meglio di te. Senza dimenticare la coscienza. Ammesso che.
Ma c’è modo e modo di viaggiare in rete, così come c’è social e social. Se io fossi un agente della CIA, o un ricercatore di messaggi cifrati come Redford in I tre giorni del Condor, oppure un semplice cacciatore di teste, credo che sceglierei, fra tutti i luoghi della rete, quello che può restituire i profili più ricchi e completi: WordPress.
Come ho detto sopra “la rete può restituire identità nei minimi particolari”, tutto dipende da che cosa si posta. E soprattutto in quale forma si posta. In questo senso credo che, al contrario del famoso detto: un’immagine vale più di mille parole, la parola batta di gran lunga l’immagine. E fra chi pubblica parole, le persone che si “scoprono” di più sono gli autori di racconti e poesie. I poeti, poi, sono dei veri e propri libri aperti. Quelli ermetici, nonostante la definizione, ancora di più. Oltretutto attirano l’attenzione più degli altri. Sono come i fiori per le api.
A questo punto, potrebbe sorgere spontanea una domanda: ma se la pensi così, ammesso che sia vero, perché continui a scrivere racconti e poesie, e proprio su WordPress? Rispondo prima alla seconda domanda: perché in WordPress si respira un’aria migliore. Molto simile a quella che si respirava in Neteditor, sito italiano, chiuso per problemi economici anni fa. Quanto alla prima, è semplice: perché ho deciso di fregarmene di chi sta in ascolto “con cuffia e registratore”. Per la verità, questo a prescindere dalla rete. Direi fin dalla nascita. La vita è già abbastanza complessa e breve per sprecare tempo ed energie a costruirsi corazze e difese. Del resto, come nel lavoro, ho imparato che: o giochi in difesa, o giochi all’attacco. E se uno decide per l’attacco, non si tratta di coraggio ( in altri regimi io sarei più cauto), solo di qualità della vita. Uno deve guardarsi dentro, poi allo specchio, e chiedersi: soffro di più in un ruolo o nell’altro? Io ho fatto la mia scelta e non me ne pento.

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